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L’Alta Leggibilità e il progetto “Redazione Ragazzi”: un ponte verso la lettura inclusiva

Nel panorama editoriale italiano, l’Alta Leggibilità si distingue come una rivoluzione silenziosa ma potente, rendendo i libri accessibili a lettori con difficoltà di lettura.

Per comprendere meglio questa innovazione e il progetto “Redazione Ragazzi”, abbiamo raccolto le parole della Dottoressa Eleonora Pasqua, logopedista e referente dell’area ricerca del CRC, esperta e protagonista di questo percorso.

Intervista alla dott.ssa Eleonora Pasqua

Dottoressa Pasqua, ci ha parlato dei principi dell’Alta Leggibilità e del progetto Redazione Ragazzi. Cominciamo con una curiosità: come è nata l’idea della Redazione Ragazzi?

Eleonora Pasqua: Il CRC Balbuzie di Roma da sempre affianca alla terapia tradizionale attività stimolanti che possano far sperimentare ai ragazzi il senso di autoefficacia.  In particolare pensando ai ragazzi con dislessia volevamo offrire loro un contesto in cui scoprire il piacere della lettura attraverso una esperienza attiva che li rendesse consapevoli e protagonisti.

Dal 2011 collaboriamo con la casa editrice Biancoenero, specializzata in narrativa ad alta leggibilità e con loro abbiamo strutturato all’interno del CRC una vera e propria redazione di correttori di bozze, composta da ragazzi con DSA, per la correzione di libri in via di pubblicazione.

 

Abbiamo parlato dei principi generali dell’Alta Leggibilità, ma quali sono le caratteristiche principali che distinguono un libro progettato con questi criteri?

Un libro ad Alta Leggibilità è progettato con l’obiettivo di abbattere le barriere tipografiche che spesso rendono la lettura un processo faticoso. In particolare nei libri ad alta leggibilità vengono utilizzati specifici accorgimenti, quali l’uso di una font studiata per evitare confusione visiva ed agevolare la decodifica delle lettere, come il carattere Biancoenero®, e un’impaginazione specifica: righe non giustificate, spaziature ampie, paragrafi ben distanziati. Anche la carta utilizzata è particolare: opaca e di colore crema per ridurre i riflessi. Inoltre, viene condotto un lavoro sul testo al fine di ridurre eventuali ambiguità e incrementarne la comprensione.

 

In cosa consiste il lavoro della Redazione Ragazzi?

Viene costituito un gruppo di ragazzi con dislessia e viene affidata loro una bozza di un libro, che deve ancora essere pubblicato, inviata dalla casa editrice. L’età viene selezionata in base al libro proposto. Ciascun bambino corregge individualmente il testo con il supporto della propria logopedista: viene fatta una riflessione trasversale sulla comprensibilità dei contenuti,

 

l’intenzione comunicativa dell’autore, la complessità lessicale e sintattica, gli accorgimenti tipografici e la scelta e collocazione delle illustrazioni. Ciascun bambino indica modifiche e accorgimenti più mi idonei al fine di rendere il testo più fruibile, comprensibile e motivante.

Al termine del lavoro (circa un mese) viene organizzata una riunione di redazione con la casa editrice all’interno della quale si analizzano ed eventualmente approvano le modifiche proposte. Il libro viene successivamente pubblicato con in copertina il logo “approvato redazione ragazzi” e all’interno della copertina vengono scritti i nomi dei ragazzi che hanno composto il gruppo di correttori di bozze.

 

Lavorare sull’Alta Leggibilità significa semplificare i contenuti?

Assolutamente no. Lavorare sull’Alta Leggibilità non significa banalizzare, ma rendere il testo più comprensibile e accessibile. È un equilibrio tra chiarezza e ricchezza linguistica. Anche i testi narrativi mantengono lo stile dell’autore, ma sono adattati in modo da facilitare la lettura senza sacrificare la qualità.

Spesso si associa l’Alta Leggibilità alla dislessia. Ma a chi altri può essere utile?

L’Alta Leggibilità è pensata per tutti. Sebbene nasca per aiutare lettori con dislessia o difficoltà di lettura, i benefici si estendono ad ogni tipo di lettore. È un modo per rendere i libri più accessibili a un pubblico vasto e variegato. Per questo l’Alta Leggibilità è un concetto che inizia ad essere applicato anche in ambito scolastico, nella progettazione di materiali didattici, e persino nei contenuti digitali

Che feedback avete avuto in questi anni di redazioni?

Ad oggi abbiamo corretto e pubblicato con i nomi dei ragazzi circa 25 libri. Sono state esperienze bellissime sia dal punto di vista umano sia clinico. Ogni redazione è un’esperienza educativa e terapeutica. I ragazzi non solo migliorano le loro competenze linguistiche e di conoscenza della struttura del testo, ma scoprono anche il piacere della lettura in un contesto stimolante. Questo progetto, oltre a promuovere la lettura, insegna lavoro di squadra, rispetto per le scadenze e fiducia in sé stessi.

Quanto conta l’aspetto emotivo nella partecipazione al progetto?

Tantissimo. I ragazzi sviluppano un forte senso di appartenenza e autostima. Vedere il proprio nome tra i ringraziamenti di un libro è una soddisfazione enorme, che li motiva a impegnarsi sempre di più. Inoltre, si crea un ambiente di supporto reciproco, dove ogni partecipante si sente parte di qualcosa di più grande.

Conclusione: un invito alla lettura inclusiva

L’Alta Leggibilità non è solo una metodologia, ma una filosofia che trasforma la lettura in un’esperienza per tutti. Come afferma la dott.ssa Pasqua, “La lettura è un diritto, non un privilegio”. Scegliere libri progettati con questi criteri significa contribuire a costruire un mondo dove ogni lettore può sentirsi accolto e valorizzato.

 

Per approfondire:

Rivista digitale Erickson gennaio 2020

 

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Disturbi specifici dell’apprendimento: l’importanza della prevenzione

Intervista alla Dottoressa Valentina Guglielmi, Logopedista specializzata nei Disturbi del linguaggio e dell’apprendimento

Cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento? È possibile individuarne precocemente i fattori di rischio?

I disturbi specifici dell’apprendimento sono definiti dal DSM V come disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente. 

La diagnosi di DSA può essere fatta alla fine della seconda classe primaria per il disturbo di lettura e scrittura (dislessia, disortografia e disgrafia) e al termine della terza per il disturbo del calcolo (discalculia). La diagnosi viene eseguita da un’equipe multidisciplinare che comprende vari specialisti di riferimento (il Neuropsichiatra Infantile, lo psicologo, il logopedista. il terapista della neuro e psicomotricità evolutiva) attraverso la somministrazione di prove standardizzate.

Successivamente alla diagnosi viene tracciato un percorso riabilitativo volto a supportare e/o a compensare le aree inficiate.

Ad oggi si parla ancora molto poco di prevenzione dei disturbi specifici dell’apprendimento.

Già durante la scuola dell’infanzia è, infatti, possibile individuare dei possibili fattori di rischio.

Monitorare il livello di sviluppo dei bambini di 3, 4 e 5 anni permette con sufficiente affidabilità, cioè, con una bassa percentuale di falsi positivi e di falsi negativi, quelli che risulterebbero a rischio di successive difficoltà scolastiche.

Quali sono i fattori di rischio dei disturbi specifici dell’apprendimento in età prescolare?

Sono a rischio i bambini che presentano caratteristiche quali:

  • un ritardo di linguaggio o disturbi del linguaggio nella componente recettiva e/o espressiva;
  • difficoltà nella motricità fine (intoppi dell’impugnatura della penna o difficoltà nell’utilizzo di oggetti come le forbici, nell’allacciarsi le scarpe o nell’abbottonare i bottoni);
  • difficoltà nella coordinazione e nell’integrazione visuo-motoria (problemi nella realizzazione spontanea o nella copia di una forma o di un disegno, difficoltà nel riprodurre una costruzione partendo da un modello, difficoltà nell’eseguire percorsi grafici con la matita, difficoltà nel fare puzzle)
  • difficoltà nell’acquisizione delle competenze metafonologiche
  • difficoltà nell’acquisizione dei prerequisiti alla matematica
Cosa sono le competenze metafonologiche?

Verso i 4-5 anni si assiste ad una stabilizzazione del sistema fonologico e il bambino completa il repertorio dei suoni che compongono il linguaggio parlato.

Durante l’ultimo anno della scuola materna il bambino acquisisce una consapevolezza fonologica globale e, se opportunamente stimolato, inizia a manipolare i suoni del linguaggio, cominciando dalle unità più rilevanti: le sillabe.

La capacità di compiere per via uditiva una buona analisi dei suoni che costituiscono il linguaggio viene definita metafonologia e riguarda la discriminazione, la classificazione, la fusione e la segmentazione dei suoni.

Nello specifico il bambino impara a:

  • dividere in sillabe una parola (segmentazione sillabica)
  • unire/mettere insieme le sillabe per formare una parola (sintesi sillabica)
  • saper individuare la sillaba iniziale di una parola e riconoscere una rima
  • discriminare due parole che iniziano con lo stesso suono o con suoni differenti

L’italiano è una lingua trasparente, nella quale esiste una correlazione tra l’aspetto acustico dell’informazione e il codice grafemico corrispondente. Per tale motivo, le abilità metafonologiche sono considerate l’indice predittivo più affidabile dell’apprendimento del codice scritto.

Quali sono i prerequisiti della matematica?

L’intelligenza numerica è la capacità ci comprendere il mondo che ci circonda in termini di numeri e quantità.

Sappiamo che la caratteristica che la rende così importante per lo sviluppo è la sua precocità. Nasciamo già con la predisposizione a sviluppare il senso del numero e comprenderlo dal punto di vista concettuale.

È importante stimolare i bambini piccoli per rafforzare lo sviluppo delle abilità numeriche.

Già da scuola dell’infanzia è possibile proporre attività specifiche:

  • conteggio (contare da 1 a 20 e da 10 a 1)
  • riconoscere e denominare i numeri da 1 a 9
  • scrivere i numeri da 1 a 5 (capita spesso che i numeri vengano scritti al contrario come se li guardassimo allo specchio. In questo caso i bambini hanno bene in mente il numero e sanno scriverlo ma bisogna correggere l’orientamento spaziale)
  • seriazione di numeri (mettere in ordine i numeri da 1 a 5)
  • completamento di seriazioni (sapere quali numeri mancano in una serie)
  • saper confrontare quantità diverse e sapere quale è di più e quale è di meno
  • indicare la corrispondenza tra il numero scritto in codice arabico e la quantità fino al 9
  • ordinare oggetti dal più grande al più piccolo e viceversa
  • comparare due numeri e indicare quale è maggiore (sempre fino al 9)
Qual è il ruolo della scuola?

Molte delle attività svolte dalla scuola materna, soprattutto durante l’ultimo anno, dovrebbero avere come finalità l’acquisizione dei prerequisiti necessari per affrontare con successo l’apprendimento della letto-scrittura e del calcolo.

Parliamo di stimolazione delle abilità visuo-percettive e grafo-motorie propedeutiche all’aspetto esecutivo della scrittura, di stimolazione di competenze linguistiche, in particolare quelle metafonologiche e di stimolazione delle abilità numeriche.

L’insegnante deve saper osservare, valutare, intervenire

È fondamentale, dunque, cercare di diffondere il più possibile una collaborazione tra clinici, insegnanti e famiglie per promuovere programmi di screening nelle scuole ed iniziare, prima ancora dell’ingresso nella scuola primaria, un training di potenziamento con finalità preventive.

La testimonianza della dott.ssa Daniela Lomasto, insegnante di sostegno in una scuola primaria:

 

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Caregiver, genitori e insegnanti: i protagonisti della Giornata europea della logopedia 2024

Il 6 marzo è la Giornata Europea della Logopedia, un’occasione per riflettere sull’importanza della comunicazione e celebrare il lavoro straordinario dei logopedisti. Quest’anno, la Federazione dei Logopedisti (FLI) dedica particolare attenzione ai caregiver, talvolta famiglie e insegnanti, riconoscendo il loro ruolo cruciale nel supportare i bambini con disturbi del neurosviluppo.

Il Caregiver nel trattamento logopedico

Secondo le statistiche, circa un milione di caregiver in Italia assiste pazienti con disturbi del linguaggio, fornendo loro sostegno nelle cure logopediche. Queste figure svolgono un ruolo fondamentale come partner comunicativi, utilizzando approcci codificati come il Communication Partner Training o la Comunicazione Aumentativa Alternativa per favorire il dialogo e l’interazione.

Il sostegno dei caregiver è particolarmente prezioso in caso di disturbi come l’afasia o le difficoltà comunicativo-linguistiche, dove agiscono come veri e propri ponti comunicazionali. Inoltre, nei casi di disturbi della deglutizione, i caregiver forniscono un aiuto essenziale nell’organizzare e gestire i pasti secondo le indicazioni del logopedista, garantendo la sicurezza e il benessere della persona assistita.

L’importanza della collaborazione

Le famiglie sono spesso i primi educatori dei bambini e hanno un’influenza significativa sul loro sviluppo linguistico e comunicativo. Come figure di riferimento, svolgono un ruolo cruciale nel fornire un ambiente favorevole e nel supportare l’intero processo di diagnosi, trattamento e gestione dei sintomi associati a tali disturbi. Offrono sostegno emotivo e psicologico, contribuiscono alla formazione di una solida autostima, aiutano i bambini ad affrontare le sfide quotidiane e li guidano nel gestire lo stress legato ai loro disturbi.

La collaborazione con professionisti della salute, quali logopedisti, psicologi e terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva per garantire, sviluppare e implementare strategie terapeutiche efficaci, personalizzate sulle esigenze specifiche di ogni bambino.

Ognuno di questi attori gioca un ruolo unico nel percorso di guarigione del bambino e la loro collaborazione può fare la differenza nel raggiungimento degli obiettivi terapeutici.

Genitori e insegnanti possono diventare parte attiva nell’implementazione delle strategie terapeutiche, sotto la guida dei professionisti della salute e attraverso percorsi di counseling genitoriali e Teacher Training. Questo coinvolgimento può riguardare l’uso di tecniche mirate per supportare il linguaggio e la comunicazione, offrendo un contributo concreto al percorso di trattamento.

In alcuni casi, si veda ad esempio il Project ImPACT, metodo ideato dalla Prof.ssa Brooke Ingersoll, il genitore ha un ruolo centrale nella riabilitazione del bambino, guidato dallo specialista, mette in atto le strategie di intervento terapeutico. Il modello, infatti, prevede la formazione del genitore che, dopo un periodo con l’operatore, sarà in grado di stabilire e raggiungere obiettivi, svolgendo autonomamente la terapia con il proprio figlio.

Genitori e insegnanti

I disturbi dell’apprendimento, come la dislessia e la discalculia, possono rappresentare sfide significative per i bambini nel contesto scolastico e sociale. Anche in questo caso, i genitori e gli insegnanti giocano un ruolo fondamentale nel supportare il bambino nel suo percorso educativo.

I caregiver possono collaborare con i logopedisti e altri professionisti della salute per identificare le difficoltà specifiche del bambino e sviluppare strategie di intervento personalizzate. Attraverso un approccio multidisciplinare e un sostegno continuo, i genitori e gli insegnanti possono aiutare il bambino a superare le sfide e a raggiungere il suo pieno potenziale. Dovranno essere sensibili alle esigenze individuali e collaborare attivamente con i logopedisti per implementare le strategie terapeutiche anche a scuola.

La formazione degli insegnanti sull’identificazione precoce dei disturbi del linguaggio e sull’adozione di approcci inclusivi è fondamentale per garantire un ambiente educativo accogliente e stimolante per tutti i bambini.

L’ambiente scolastico

Un altro aspetto cruciale è la creazione di un ambiente di apprendimento positivo e inclusivo, soprattutto per i bambini con disturbi dell’apprendimento. Gli insegnanti, in particolare, svolgono un ruolo chiave in questo contesto, adottando approcci educativi differenziati e sensibili alle singole esigenze.

Promuovere l’inclusione sociale è un’altra sfida importante. Genitori e insegnanti devono lavorare in tandem per garantire che i bambini si sentano accolti e inclusi nella società. Questo può comportare la creazione di eventi e attività inclusivi e l’educazione dei coetanei sulla diversità e l’accettazione.

Nel caso di diagnosi comportamentali (ADHD, DOP), i caregiver e gli insegnanti devono essere particolarmente attenti nel fornire un ambiente strutturato e supportivo per il bambino. Essi possono contribuire ad adottare strategie di gestione del comportamento, stabilire limiti chiari e coerenti, offrire un sostegno emotivo e aiutare il bambino a sviluppare abilità di autocontrollo, di risoluzione dei problemi e di gestione dello stress.

Il coinvolgimento attivo dei caregiver e degli insegnanti è essenziale per il successo del trattamento e il benessere complessivo del bambino. L’adozione di un approccio collaborativo e multidisciplinare può fare la differenza nel garantire un sostegno completo e mirato, favorendo così una migliore qualità di vita per il bambino e la sua famiglia.

Inoltre, è fondamentale che queste figure monitorino i progressi e si assicurino che il trattamento prescritto venga seguito con attenzione. Questo costante feedback è cruciale per adattare il trattamento alle mutevoli esigenze dei bambini.

Genitori e insegnanti nel trattamento della Balbuzie

La balbuzie è un disturbo della fluenza del linguaggio che può influenzare significativamente la comunicazione e l’autostima di un individuo. Nel trattamento della balbuzie, i caregiver, in particolare i genitori e gli insegnanti, giocano un ruolo chiave. Gli studi hanno dimostrato che l’atteggiamento e la reazione del caregiver possono influenzare notevolmente il modo in cui il bambino affronta e gestisce la sua balbuzie.

Lavorare in maniera integrata, anche sul contesto ambientale in cui l’individuo è inserito è fondamentale, al fine di ottimizzare l’efficacia dell’intervento terapeutico, modulando i fattori ambientali, affinché essi si configurino come dei facilitatori e delle risorse protettive per l’individuo (Ruben, 2000)

Alcuni studi hanno ipotizzato che: “un’attitudine negativa, mostrata dai genitori […] possa indurre nel bambino sentimenti negativi, favorendone la strutturazione di un quadro sindromico persistente. (Brutten e Shoemaker, 1967; Van Riper, 1982).

Inoltre, è stato rilevato che i genitori dei pazienti balbuzienti mostrano una maggiore tendenza a instaurare con i propri figli scambi verbali insoddisfacenti caratterizzati da frequenti interruzioni e/o correzioni e l’utilizzo soprattutto di domande e comandi diretti.

Per questo è importante intervenire, i genitori e gli insegnanti devono essere formati per fornire un ambiente di supporto e accettazione al bambino che balbetta. Attraverso l’uso di strategie di comunicazione efficaci e attraverso l’incoraggiamento positivo, i caregiver possono aiutare il bambino a sviluppare una maggiore fiducia nelle proprie abilità linguistiche e a gestire la sua balbuzie in modo più efficace.

Sensibilizzare gli insegnanti nei confronti delle possibili difficoltà dei bambini, rappresenta un elemento protettivo rispetto al buon inserimento nel gruppo classe e al prevenire ed evitare fenomeni di bullismo. Introdurre attività integrate, elaborate dagli insegnanti in sinergia con le figure sanitarie, può favorire una maggiore conoscenza e quindi desensibilizzazione degli alunni verso il disturbo.

In conclusione

I caregiver, compresi i genitori e gli insegnanti, svolgono un ruolo insostituibile nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo. La Giornata della Logopedia del 2024 ci offre l’opportunità di riconoscere e celebrare il loro impegno e la loro dedizione nel garantire il benessere e il successo dei trattamenti. La collaborazione tra caregiver e professionisti della salute è fondamentale per fornire un supporto completo e mirato, favorendo così una migliore qualità di vita per i bambini e le loro famiglie.

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Terapie di supporto: benefici e applicazioni cliniche dello Yoga della Risata

Ridere porta più ossigeno ai tessuti, rinforza il sistema immunitario, allevia il dolore, abbassa lo stress, aiuta a proteggersi dai disturbi cardiaci, dal diabete, dall’artrite, dall’emicrania e dai tumori. Per questo, agli inizi degli anni Novanta in India, nacque lo Yoga della risata, sviluppato dal Dottor Madan Kataria e oggi diffuso in tutto il mondo.

Quando ridi cambi e quando tu cambi, tutto il mondo cambia con te. (Dr. Madan Katari)

Si tratta di una ginnastica a tutti gli effetti: esercizio fisico fatto di tecniche e pratiche ripetute, che combina la tecnica yogica del Pranayama (respirazione), con la risata.

Dopo brevi esercizi fisici e di respirazione, sotto la guida di un leader opportunamente formato, si simula la risata in modo vigoroso, al suono di “ho ho ha ha ha”. La pratica viene effettuata in gruppo, comincia come una finta risata ma ben presto si trasforma in autentica e contagiosa e può continuare per mezz’ora o anche più.

I bambini riescono a ridere da 300 a 400 volte al giorno, gli adulti soltanto 15.

Si può imparare a ridere? Per farlo occorre avere senso dell’umorismo?

Lo Yoga della risata si basa sul principio scientifico secondo cui il corpo non distingue tra una vera risata e una risata indotta. Per cui: si, si può imparare a ridere e no, non occorre senso dell’umorismo. Qualunque espressione motoria del corpo genera un’emozione corrispondente a livello mentale e quindi produce gli stessi benefici fisiologici e psicologici, come pura conseguenza dell’azione.

FAKE IT UNTIL YOU MAKE IT

La ricerca medica mostra che, anche quando si simula la risata o si finge di essere felici, l’organismo produce ugualmente le sostanze chimiche legate alla felicità. Secondo i Principi della Programmazione Neuro Linguistica non c’è quasi nessuna differenza tra pensare di fare qualcosa e farla veramente.

Nello specifico, ripetendo un comportamento del corpo per un certo periodo di tempo, la mente comincia a generare risposte automatiche. Il corpo impara a produrre una reazione simile a quella autentica senza che siano coinvolti razionalità e consapevolezza, principio di condizionamento (Pavlov).

Analogamente, anche il cervello umano può essere condizionato con l’esercizio ripetitivo, il corpo comincia a reagire di riflesso, prima che la parte consapevole dell’intelligenza possa razionalizzare e pensare.

Ridere aiuta a rimuovere timidezza e inibizioni, ad aprirsi e a cogliere il lato comico delle situazioni, come conseguenza si sviluppano senso dell’umorismo e comicità. Cambiando la qualità dei pensieri, si provoca un cambiamento anche a livello fisico. Viceversa, se si modifica un comportamento del corpo, si può sperimentare lo stesso cambiamento a livello mentale.

Lo yoga della risata ha la capacità di sincronizzare corpo e mente, mantenendoli in armonia. La generazione di sentimenti positivi e di una generale sensazione di benessere cambiano la visione stessa della vita.

Praticare lo Yoga della risata ripetutamente, battere le mani, cantare all’unisono “ho ho ha ha ha” e fare affermazioni positive come “molto bene, molto bene, yeah!” condiziona il cervello che di conseguenza sviluppa nuove connessioni neuronali responsabili della chimica della felicità.

I benefici dello Yoga della risata

 Numerosi studi hanno confermato l’efficacia del ridere e il suo potere terapeutico per la salute fisica, mentale ed emotiva.

  • Risolleva il morale: favorisce il rilascio di endorfine dalle cellule cerebrali
  • Porta benefici per la salute: riduce lo stress e rinforza il sistema immunitario
  • Porta benefici per il lavoro: aumentare l’ossigenazione al corpo e al cervello ne migliora efficienza e prestazioni: Ci si sente carichi di energie e più produttivi del solito.
  • Funziona da collante sociale: facilita la relazione e favorisce la condivisione e l’empatia.
  • Aiuta a ridere anche nelle situazioni difficili: si guadagna forza nelle avversità, si stabilisce un meccanismo che aiuta a mantenere un atteggiamento mentale positivo, indipendentemente dalle circostanze.

La respirazione

Spesso a causa dello stress e di uno stato mentale negativo, tendiamo a trattenere il respiro, ciò porta a una mancanza di ossigeno e a un accumulo di anidride carbonica nel sangue, a sua volta causa di ansia, stress e reazioni emotive. Respirare più a lungo permette di liberare la maggior parte dell’aria residua nei polmoni, portando così più aria fresca e più ossigeno al successivo ciclo respiratorio. Di fatto, quando ridiamo stiamo espirando, tutte le cellule polmonari si aprono e aumenta la capacità respiratoria, detta anche capacità vitale.

Sotto stress, la maggior parte delle persone respira senza usare il diaframma. Gli esercizi di Yoga della Risata e di respirazione yogica stimolano il movimento del diaframma e dei muscoli addominali. Questa pratica permette di attivare il sistema nervoso autonomo, detto sistema parasimpatico, responsabile del rilassamento. Si può disattivare la risposta allo stress, semplicemente imparando a muovere il diaframma attraverso una corretta respirazione. L’esercizio più importante dello Yoga della Risata ovvero il canto “ho ho ha ha ha” aiuta a focalizzarsi sui muscoli addominali, in modo da imparare ad allenare il diaframma e a ridere con la pancia.

Neurochimica della risata

 La risata è un fenomeno complesso che coinvolge una varietà di aspetti, tra cui aspetti emotivi, sociali e neurochimici. La neurochimica della risata si riferisce alle reazioni chimiche che avvengono nel cervello e nel corpo quando ridiamo. Ecco alcuni aspetti chiave della neurochimica della risata:

  • Rilascio di endorfine ed encefaline: le endorfine sono sostanze chimiche prodotte dal cervello che agiscono come analgesici naturali, contribuiscono a ridurre la percezione del dolore e della tensione e inducono una sensazione di rilassamento e serenità. Le encefaline esaltano il sistema immunitario, stimolando una maggiore produzione di anticorpi (Center of Public Health di Loma Linda, California).
  • Aumento dei livelli di serotonina, un neurotrasmettitore che regola l’umore. Livelli più elevati di serotonina sono associati a una maggiore sensazione di felicità e benessere.
  • Riduzione dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, contribuisce a una sensazione di rilassamento e può avere effetti positivi sulla salute cardiovascolare.
  • Stimola la produzione dibetaendorfine (analgesici prodotti dall’organismo), protegge dallo stress e dalle sue conseguenze svolgendo una vera e propria funzione di antidoto.
  • Attivazione del sistema servoso parasimpatico, responsabile del rilassamento e del riposo. Ciò contrasta con l’attivazione del sistema nervoso simpatico durante situazioni di stress. (respirazione diaframmatica)
  • Coinvolgimento del nucleo Accumbens, una regione del cervello coinvolta nelle ricompense e nei piaceri, è attivato durante la risata. Per questo, ridere è associato a sensazioni di gioia e gratificazione.
  • Aumento del flusso sanguigno al cervello, migliora così l’ossigenazione, la nutrizione delle cellule cerebrali e il sistema. “Ridere aiuta ad aumentare il numero delle cellule Natural Killer (NK), un tipo di cellula che ha la funzione di uccidere i virus e aumentare il livello di anticorpi. I ricercatori hanno dimostrato che a seguito di una terapia della risata il livello di anticorpi (immunoglobina A) aumenta nelle mucose del naso e delle vie respiratorie, negli apparati, cioè, che per primi svolgono una funzione difensiva contro virus, batteri e micro-organismi.” (dott. Lee S. Berk, dell’Università di Loma Linda, California, USA)
  • Coinvolgimento di specifici neurotrasmettitori nel cervello, tra cui la dopamina, che è coinvolta nel sistema di ricompensa e motivazione.

Secondo gli studi della psicoterapeuta Annette Goodheart, la risata indotta viene interpretata dal corpo come autentica, quindi stimola la produzione di molecole della felicità che raggiungono le cellule dell’organismo stabilizzando il sistema ormonale e rafforzando quello immunitario. Allenarsi a ridere senza motivo, come fosse un esercizio, produce quindi effetti salutari sul nostro organismo.

Cosa avviene durante una sessione di Yoga della Risata?

In India, le sessioni di Yoga della Risata sono praticate quotidianamente, nei paesi occidentali, invece, ci si incontra su base settimanale oppure ogni 15 giorni. Normalmente, una sessione dura un’ora, nella quale si ride, si respira e si fanno esercizi di stretching per circa 30 minuti, seguiti dalla Meditazione della Risata e dal rilassamento guidato (15 minuti ciascuno). Ogni sessione

è guidata da un leader o un insegnante certificato, che controlla la sessione, spiega e dà le istruzioni per completare i diversi esercizi.

Step principali:
  • Battere le mani palmo contro palmo per stimolare i punti energetici
  • Respirazione profonda per il rilassamento
  • Coltivare la giocosità per mantenere l’entusiasmo
  • Esercizi che stimolano la risata

Trattandosi di una pratica strutturata, esistono diverse tecniche per ridere senza bisogno di barzellette, umorismo o comicità, come ad esempio:

  • La risata del saluto: il gruppo può fare un gesto di saluto secondo la propria cultura di appartenenza mentre si ride. A seguire, si battono le mani e si canta “ho ho ha ha ha” per 5-6 volte, poi si eseguono due respirazioni profonde.
  • La risata di cuore: dopo l’esercizio “ho ho ha ha ha” i partecipanti eseguono la risata di cuore, il leader dice “1,2,3…” e tutti cominciano a ridere contemporaneamente, si aprono le braccia e si ride aprendo il petto.
  • La risata del frullato: si immagina di tenere in mano due bicchieri di latte o di caffè e, sotto la guida del leader, si versa il contenuto da un bicchiere all’altro emettendo suoni come “Aeee aeee…”, quindi si ripete accompagnando con il suono. Infine, si ride fingendo di bere il frullato.

 Le tecniche sono tantissime, non resta che provarle!

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Taping Neuromuscolare (NMT): benefici e applicazioni in ambito logopedico e neuropsicomotorio

Il Taping neuromuscolare (NMT) è una terapia biomeccanica innovativa, non invasiva, non farmacologica, che consiste nell’applicazione di strisce elastiche adesive sulla cute che, creando spazio nei tessuti, determinano una stimolazione sensoriale e meccanica dei sistemi muscoloscheletrico, vascolare, linfatico e neurologico.

Taping Neuromuscolare: Cos’è e come funziona?

Nasce in Italia grazie a David Blow, che nel 2003 fonda il “Neuromuscolar Taping Institute” con l’obiettivo di formare medici e professionisti sanitari sull’utilizzo e sulla promozione di validi metodi innovativi.

Il Taping neuromuscolare sfrutta le capacità naturali di guarigione del corpo stimolando il metabolismo cellulare, consentendo l’attivazione dei sistemi neurologici e di circolazione e innescando fenomeni facilitanti la propriocezione neuromuscolare, ovvero la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, senza il supporto della vista.

Il nastro adesivo, definito Tape, è un cerotto di cotone adesivo elastico che riproduce le caratteristiche dell’epidermide in spessore, peso ed elasticità. A seconda delle zone da trattare ha diversi tipi di taglio e spessore, non deve limitare il movimento ma sostenerlo.

Il tape

Il tape è fatto di un filo elastico polimerico ipoallergenico avvolto da fibre di cotone al 100%, ciò consente una rapida evaporazione dell’umidità corporea e dell’essiccazione. Può essere allungato fino al 50% rispetto alla lunghezza standard. E’ resistente all’acqua e può rimanere sul corpo per circa 3-5 giorni senza compromettere la qualità dell’adesivo. Il suo effetto terapeutico è continuo durante le 24 ore e persiste parzialmente per diverse settimane anche dopo la rimozione

L’applicazione mirata del tape permette la formazione di pliche cutanee che durante il movimento corporeo facilitano il drenaggio linfatico, favoriscono la vascolarizzazione sanguigna, riducono il dolore, migliorano il range di movimento muscolo articolare e la postura.

Come agisce a livello muscolare?

L’azione della tecnica si basa su un meccanismo di decompressione e dilatazione: i nastri adesivi, applicati senza tensione, permettono il sollevamento della pelle quindi una riduzione della pressione sulla zona trattata. Di conseguenza, riducendo la pressione sui nodi e sui vasi linfatici, c’è un notevole miglioramento della microcircolazione e grazie alla variazione di pressione all’interno dei vasi (sanguigni e linfatici) si ottiene un maggior effetto drenante.

Le applicazioni in ambito logopedico

Il taping neuromuscolare ha un impatto positivo sull’efficacia delle terapie logopediche nel trattamento di disturbi del neurosviluppo che coinvolgono la sfera del linguaggio. (Smith et al. 2022).

  • Raddrizzamento posturale: apertura del diaframma
  • Cura della voce e disfonia (aumento delle capacità respiratorie e maggiore diametro toracico)
  • Scialorrea
  • Patologie del linguaggio e della comunicazione
  • Disfunzioni miotensive dell’articolazione temporo mandibolare
  • Discinesie strutturali dell’articolazione temporo mandibolare
  • Disfagia
  • Incoordinazione respiratoria
  • Paresi del facciale
  • Deglutizione atipica
  • Ipotonia dei muscoli facciali
  • Mancanza di chiusura delle labbra
  • Ipertonia di muscoli della laringe e del viso
  • Stabilizzazione e controllo della mascella
Il trattamento della disfonia

La produzione di voce umana è un meccanismo complesso che richiede una perfetta sincronizzazione dei muscoli laringei e un corretto posizionamento della glottide. Quando questo meccanismo non viene eseguito correttamente, vi è un disturbo vocale (disfonia). Secondo diversi studi realizzati su pazienti disfonici, l’applicazione del Tape potrebbe accelerare il tempo di recupero funzionale dei pazienti e offrire una migliore risposta riabilitativa ai problemi associati alla disfonia, come le difficoltà di deglutizione e le cicatrici del collo. (pubmed 2017; pubmed 2020)

Applicando il nastro adesivo in zone specifiche del volto e del collo, si mira a migliorare il controllo muscolare e la coordinazione necessari per la fonazione e la produzione del suono, inoltre, mantenendo costante l’effetto rilassante sul tessuto connettivale e sulla fascia muscolare coinvolta, il recupero terapeutico è facilitato.

Trattamento dei problemi della voce

La Dott.ssa Ramella, logopedista e istruttrice di NMT, formata secondo il metodo PROEL (propriocettivo elastico), spiega come il taping sia benefico nella cura della voce in casi di tensione a livello della laringe o del diaframma ma anche per l’impostazione di una postura corretta e funzionale.

Il taping neuromuscolare potrebbe per esempio ridurre la tensione causata da edema locale a livello laringeo dovuta a laringite o altra infiammazione.

Potrebbe essere utilizzato per normalizzare la tensione dei muscoli respiratori accessori, per aumentare la propriocezione del diaframma. […] Una doppia applicazione con neurotaping muscolare una sugli spinali, (dietro il collo) e l’altra sul romboide, può favorire l’allineamento e l’ampliamento dello spazio respiratorio. L’applicazione sul trapezio può diminuire una tensione respiratorio-accessoria che altrimenti creerebbe difficoltà a livello vocale.” (YouTube)

Chiusura delle labbra

Sempre in ambito logopedico, il Taping si è dimostrato efficace nella pratica volta alla chiusura delle labbra, i tagli di nastro adesivo sono stati apposti in modo tale da favorire la contrazione muscolare per mantenere le labbra chiuse e la protrusione labiale.

Trattamento della scialorrea (salivazione eccessiva)

Diversi studi hanno dimostrato che l’applicazione del tape durante la terapia logopedica ha portato ad una riduzione significativa della scialorrea in termini di gravità e frequenza. Nei casi di scialorrea dovuta a debolezza muscolare o paralisi facciale, l’applicazione del nastro adesivo ha favorito la stimolazione di alcuni muscoli facciali strettamente legati alla deglutizione e all’articolazione, nello specifico il muscolo orbicolare delle labbra e i muscoli sopraiaoidei.

Applicazione nella riabilitazione pediatrica 

Il taping neuromuscolare può essere integrato per favorire il controllo motorio e la consapevolezza corporea. Applicando le strisce su specifiche aree del corpo, si cerca di stimolare la corretta sequenza di movimenti e migliorare la percezione sensoriale.

  • Cicatrici da ustione
  • Lombalgia cronica e postura flessa del tronco
  • Sindrome emplegica (paralisi) dell’arto superiore e inferiore
  • Deficit/alterazioni/patologie dell’arto superiore e inferiore
  • Edema post chirurgico
  • Spasticità post ictus
  • Disartria
  • Trauma cranico
  • Patologie post chirurgia oncologica
Disturbo della coordinazione e altre applicazioni

 E’ stato dimostrato come, il taping possa avere effetti benefici nei programmi di intervento riabilitativo di bambini con disturbo della coordinazione. Inoltre, può contribuire a ridurre la fatica muscolare, migliorando la resistenza durante le attività quotidiane. (sciencedirect)

Per quanto riguarda la postura, il meccanismo su cui si basa il Taping può influenzare i meccanorecettori cutanei fornendo una costante stimolazione afferente. Ciò consente il passaggio di un numero elevato di informazioni sensoriali al sistema nervoso centrale, con conseguente miglioramento del controllo e della coordinazione della postura. Il nastro adesivo potrà quindi stimolare l’attività muscolare, supportare i muscoli deboli e fornire un feedback propriocettivo per mantenere l’allineamento posturale e la stabilità posturale. (sciencedirect)

Allo stesso modo, attraverso la stimolazione muscolare provocata dal nastro, il Taping si è dimostrato una efficace forma complementare di fisioterapia per i bambini con incontinenza urinaria. (sciencedirect)

In conclusione, il Taping Neuromuscolare si dimostra un approccio terapeutico versatile ed efficace. Se affiancato alla terapia logopedia e neuropsicomotoria può migliorare la risposta del paziente al trattamento e ridurre i tempi di riabilitazione.

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Chi semina, raccoglie: l’ortoterapia nel trattamento dei bambini con Disturbi del Neurosviluppo

Al CRC – Centro Ricerca e Cura siamo da sempre convinti che il lavoro clinico debba andare oltre la terapia tradizionale, per questo motivo i nostri professionisti altamente specializzati studiano e sperimentano costantemente metodologie e strumenti innovativi per la riabilitazione: il progetto più recente riguarda l’ortoterapia.

Negli anni, abbiamo affiancato alla terapia effettuata presso la struttura, attività più ecologiche e progetti educativi di più ampio respiro, proponendo contesti motivanti, anche non convenzionali, in cui potersi sperimentare e attraverso cui valorizzare i propri punti di forza.

Il progetto Ort9 nasce dalla volontà di applicare i principi dell’ortoterapia nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo infantile, integrando aspetti psicomotori, cognitivi, emotivi e comportamentali.

Cos’è l’ortoterapia?

Con il termine ortoterapia si intende quel processo terapeutico e riabilitativo che utilizza il contatto con la terra e la natura per raggiungere un maggior grado di autonomia, migliorare lo stato di salute, la qualità della vita e il benessere psicologico, sociale e fisico della persona.

L’orto offre la possibilità di agire su ciò che ci circonda e insieme di poter essere motori di cambiamenti e trasformazioni. La natura ci insegna la ciclicità delle stagioni, la caduta delle foglie, il rallentamento della vitalità durante l’inverno e la sua rinascita con lo schiudersi dei germogli a primavera. Apprendiamo il valore del sole ma anche quello dell’ombra, il coesistere di elementi fragili ed elementi robusti e osserviamo la trasformazione continua.

Nei giardini terapeutici si trova o si ritrova la fiducia nelle proprie capacità di far vivere, crescere e curare un essere vivente. Si sviluppa un metodo di lavoro, che consente di osservare e confrontarsi con i ritmi dell’attesa, con le conquiste ed i risultati rappresentati dalla crescita della pianta. Fornisce dunque nuove motivazioni e nuovi stimoli.

Gli obiettivi dell’ortoterapia nel trattamento riabilitativo

L’ortoterapia si svolge prevalentemente all’aria aperta, è un’attività che nelle varie fasi coinvolge diversi aspetti della persona: dai canali sensoriali alle capacità motorie, dalle abilità legate alla pianificazione ai preziosi aspetti legati all’autostima e alla condivisione dei risultati con il proprio gruppo di lavoro.

I vantaggi apportati dall’ortoterapia sono quindi sperimentati attraverso le attività nel verde, la coltivazione di piante e ortaggi, la cura delle piante da interno, attività che si basano sulla stimolazione dei sensi e l’esercizio fisico (Staats, 2006) e si ricollegano alle teorie di Kaplan R. e Kaplan S. (1989) e Ulrich R. (1983,1984) che sostenevano l’importanza degli “ambienti rigenerativi”, ambienti cioè in grado di garantire un contatto con la natura e suscitare risposte cognitive ed emotive di tipo rigenerativo, in grado di promuovere il benessere individuale e collettivo.

Le molteplici possibilità offerte da un orto ben si sposano con alcuni obiettivi terapeutici e riabilitativi presenti nella presa in carico di bambini con disturbi del neurosviluppo. In particolare:  

Aspetti psicomotori

  • Sviluppo della motricità fine e della coordinazione (seminare, scavare, allacciare, annodare, riempire, travasare, costruire, sono tutte attività a contatto con la natura che stimolano il movimento favorendo la coordinazione oculo-manuale e la sperimentazione costante di diverse competenze motorie);
  • Stimolazione sensoriale costante mediante il contatto con la terra, la sabbia, l’acqua, le piante e tutti i diversi materiali utilizzati;
  • Miglioramento delle competenze prassiche attraverso la gestione autonoma di piccoli compiti e mansioni in cui i bambini possono sperimentarsi in modo diretto e attivo e di partecipare a una varietà di attività quotidiane in modo più efficace.
capacità cognitive
  • Sperimentazione dell’attenzione selettiva sostenuta
  • Stimolazione delle abilità di problem-solving, capacità di pianificazione e monitoraggio, gestione progressivamente più autonoma di tempi e spazi di lavoro
  • Acquisizione di competenze specifiche relative al regno vegetale, alla conoscenza delle caratteristiche delle piante e del loro ciclo biologico
  • Potenziamento di abilità connesse agli apprendimenti (aspetti legati alla lettura, scrittura, comprensione del testo, mappe concettuali, brani specifici e trascrizione su materiali diversi).
  • Stimolazione di abilità visuopercettive e visuospaziali, attraverso attività di ricerca visiva.
aspetti emotivi
  • Riconoscimento delle emozioni
  • Gestione della frustrazione attraverso esperienze di insuccesso;
  • Aumento della percezione di sé stessi e dell’autostima attraverso l’incremento del senso di autoefficacia.
abilità comportamentali/sociali
  • Stimolazione alla tolleranza, al rispetto delle regole e dell’ambiente
  • Spinta verso una maggiore socializzazione, comunicazione e scambio sia con gli adulti che con i pari, verso il lavoro di squadra, la condivisione e la cooperazione.
  • Aumento delle occasioni di sperimentazione dell’autonomia;
  • Miglioramento dell’integrazione sensoriale (la sistemazione dell’orto stimola l’olfatto, la vista, il tatto e l’udito e incrementano capacità e competenze diverse);
  • Maggiore consapevolezza di tematiche ambientali legate alla salvaguardia del pianeta quali la gestione dell’acqua e delle risorse, della biodiversità.

L’ortoterapia appare quindi un valido contributo nei percorsi orientati verso una maggiore autonomia dell’individuo e verso la sperimentazione attiva delle proprie capacità in un contesto ricreativo.

Il CRC e il progetto Ort9

A marzo di quest’anno, grazie al sostegno e alla dedizione del la direzione del CRC, è nato il progetto Ort9 che ha coinvolto più di 20 operatori nella realizzazione di attività ortoterapeutiche in linea con gli obiettivi del parallelo percorso riabilitativo.

Il progetto è rivolto ai bambini del centro selezionati dalle equipe multispecialistiche in funzione delle proprie competenze con l’obiettivo di sperimentarsi in contesti pratici e concreti. Gli spazi sono preposti e opportunamente adibiti allo svolgimento delle specifiche attività, per questo l’organizzazione clinica e pratica prevede una fase indoor e una fase outdoor.

Attività indoor

Come ci racconta la Dottoressa Michela Battisti, Terapista della Neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, che partecipa al progetto di ortoterapia:

Oltre alle attività da svolgere all’aperto, possiamo utilizzare la natura e le mille proposte ad essa connesse per coinvolgere i nostri  bambini in attività specifiche e motivanti, tarate sulle loro caratteristiche peculiari, in accordo con gli obiettivi terapeutici prefissati. Prima di sperimentarci in campo aperto, con ogni bambino coinvolto nel progetto è stata attivata una fase di sensibilizzazione e preparazione alle attività che sarebbero state poi organizzate nel nostro orto.“.

Tutti gli operatori coinvolti hanno sostenuto i bambini dando loro una cornice di riferimento utile per sensibilizzarli all’importanza del regno vegetale, ai cicli vitali e alle tematiche ambientali più rilevanti dando a ciascun bambino delle informazioni specifiche, raccontando storie che potessero avere come tema la natura, il susseguirsi delle stagioni, le caratteristiche tipiche delle piante più diffuse.

Durante questa fase indoor i bambini hanno lavorato sulla programmazione dei tempi e delle varie attività e sulla comprensione del compito. “Cos’è un orto e a cosa serve? Come nascono le piante? Cosa è necessario fare per farle crescere e quali sono i tempi di raccolta?”…queste le domande che hanno guidato le fasi del nostro progetto.

Strategie di coinvolgimento del bambino

Per ogni bambino, in relazione alle sue caratteristiche specifiche e agli obiettivi stabiliti dalle diverse equipe riabilitative, sono state individuate strategie mirate.

Solo per citare alcuni esempi:

  • Alcuni bambini hanno lavorato attraverso sequenze visive che hanno permesso la comprensione del ciclo vitale delle piante. L’utilizzo di brani orali e testi scritti ha permesso ai bambini di lavorare sulla selezione delle informazioni, sui nessi logici, sulla comprensione del testo, sull’ampliamento del vocabolario con termini tecnici specifici e sulla scrittura (per esempio tramite trascrizione di alcune etichette di frutti e ortaggi da apporre nell’orto).
  • Il lavoro indoor ha permesso ai bambini con difficoltà di attenzione e concentrazione di organizzare e pianificare le attività pratiche connesse all’orto in un setting più protettivo e favorente la concentrazione.
  • I bambini con difficoltà prassiche o di motricità fine hanno avuto la possibilità di sperimentarsi in attività a complessità crescente in cui, seduti a tavolino e grazie ad oggetti facilitanti, hanno iniziato a utilizzare schemi via via più complessi (allacciare, tagliare, misurare, annodare, intrecciare, travasare).

Per coinvolgere i bambini e garantire loro un ruolo attivo, sono stati realizzati nelle stanze di terapia tanti diversi semenzai che hanno permesso di toccare con mano ed osservare giorno dopo giorno il miracolo di un seme che nasce!

Utilizzando piccoli contenitori di facile reperibilità, riempiti di ovatta bagnata o terriccio, sono stati messi a dimora alcuni semini. Con il tempo i bambini hanno imparato a prendersi cura delle future piantine, dandogli l’acqua e monitorandone tutte le evoluzioni.

Il lavoro con i fagioli è stato un successo!

Questi semi a crescita rapida ci hanno infatti permesso di monitorare ed apprezzare le quotidiane evoluzioni delle nostre piantine garantendo un coinvolgimento attivo dei bambini! . La crescita rapida di queste piantine, rapidamente diventate piante rampicanti addossate alle nostre finestre, ha nutrito il desiderio dei bambini di andare nell’orto a trapiantarle!

la pianta di fagiolo del CRC
La piantina di fagiolo curata dai bambini del CRC

Una volta pianificato tutto il lavoro da svolgere, piccoli gruppi di bambini curiosi, talvolta accompagnati dalle famiglie, talvolta in autonomia, sono andati finalmente a vedere il nostro orto.

Attività outdoor

L’Ort9 fa parte di un orto sociale, per questo i bambini hanno potuto esplorare e osservare le diverse organizzazioni degli appezzamenti di terra per poi confrontarsi con gli operatori sulla gestione degli spazi. Passeggiando tra i vari orti coltivati, infatti, sono state condotte le prime  attività di percezione e riconoscimento ad esempio delle diverse foglie, dei diversi fiori e dei diversi profumi presenti.

L’incontro con altre persone presenti nel campo ha permesso ai bambini non solo di socializzare ma anche di condividere e scoprire i frutti del raccolto, testarne la consistenza e riconoscerne l’identità.

Dopo una attenta scelta degli attrezzi, pale, palette e rastrelli, ogni bambino, seguito da un genitore o dal terapista, ha preparato il terreno, scavato le buche e travasato le piantine di fagioli. Poi, hanno innaffiato, legato e aggiunto i sostegni laddove le piante avessero già raggiunto una buona verticalità.

Tra le altre attività proposte in questo particolare e motivante contesto, a luglio, è stato indetto un contest per la bandiera dell’orto del CRC. I bambini hanno partecipato con entusiasmo disegnando melanzane, peperoni, fiori e altri elementi legati alla natura, hanno poi presentato le loro bandiere confrontandosi in gruppo e spiegando il perché delle loro scelte. Infine, le hanno portate all’orto dove tra nastrini, scotch e lavoro di squadra sono state issate!

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Le “Mini – Olimpiadi”: il volto inedito della riabilitazione al CRC

Lo scorso 9 luglio, si è tenuta la prima edizione delle Mini – Olimpiadi organizzate dal CRC – Centro, Ricerca e Cura. L’iniziativa nasce dal desiderio di permettere ai bambini di sperimentare – divertendosi con i loro coetanei, in un contesto differente rispetto alla stanza di terapia – le competenze acquisite durante il percorso riabilitativo. 

Ad ospitarci, l’Istituto Comprensivo “Matteo Ricci”, dove 24 dei nostri piccoli pazienti hanno preso parte ad attività di gruppo, nel corso delle quali è stato possibile lavorare oltre che sulle singole competenze, anche sulle abilità sociali.

Al Centro, infatti, siamo alla continua ricerca di nuove e stimolanti attività finalizzate ad accrescere l’efficacia e l’efficienza terapeutica, in contesti non convenzionali e altamente motivanti.

Mini – Olimpiadi: vision, attività e foto della giornata

Con questo spirito, nascono le “Mini – Olimpiadi” in cui i bambini divisi in tre squadre – omogenee per età, caratteristiche e competenze – e guidati dai loro terapisti si sono cimentati in esperienze psicomotorie che richiamino abilità specifiche (ad esempio mira e afferramento, equilibrio statico e dinamico) già supportate nel setting terapeutico, attraverso percorsi, gare a coppie, gare di velocità, tornei e molto altro (cfr. Il programma ufficiale delle Mini – Olimpiadi).

Mamme e papà hanno potuto assistere alle performance dei propri figli, finendo addirittura per lasciarsi coinvolgere nel gioco finale, dove – inseguiti dai bambini – dovevano sfuggire alle loro grinfie, trovando rifugio in una tana improvvisata, nel gioco dei gatti e dei topi. A coronamento della giornata, i piccoli atleti sono stati i protagonisti indiscussi della cerimonia di premiazione, ricevendo ognuno un attestato e una medaglia da mostrare con orgoglio alla propria famiglia.

Si ringraziano tutti i nostri operatori che – forti di uno spirito di squadra consolidato nel tempo – hanno dato vita a un programma ricco di attività. In particolare, si ringraziano: la dott.ssa Giuliana Geusa – promotrice dell’iniziativa – la dott.ssa Carlotta Spizzichino, la dott.ssa Letizia Giordano, il dott. Lorenzo Bertucci, la dott.ssa Elena Michetti, la dott.ssa Gaia Di Giamberardino, la dott.ssa Caterina Dondini, la dott.ssa Giulia Marucci, la dott.ssa Chiara Ragucci e le tirocinanti Francesca De Falco e Elena Sartori per la collaborazione. Si ringraziano anche a tutti i colleghi che, dietro le quinte, hanno dato il proprio contributo alla realizzazione dell’evento.

Un sentito ringraziamento alla dottoressa Carmela Lalli – Assessora ai Diritti alla Scuola, Crescita Culturale, Turismo e Sport del IX Municipio di Roma della precedente amministrazione – per il prezioso supporto nella fase iniziale di progettazione e al professor Francesco Rossi – Preside dell’Istituto Comprensivo “Matteo Ricci”- per aver accolto l’iniziativa e averci accordato l’utilizzo degli spazi della scuola. Un ringraziamento va, infine, a Paolo Patriarchi che si è fatto tramite per garantire la riuscita dell’iniziativa.

IG: @CRC_Centroricercaecura

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Un manuale per Aziende Sanitarie e famiglie all’insegna della Teleriabilitazione

Il CRC conferma la propria leadership nel campo della riabilitazione a distanza con la redazione di un manuale ad hoc.

Quando, ormai due anni fa, la pandemia ha avuto inizio, ogni realtà di ogni settore si è trovata a modificare drasticamente il proprio modello d’azione. Lo abbiamo fatto anche noi del CRC, consapevoli di quanto le restrizioni abbiano pesato sui servizi alla persona e in particolare sulla riabilitazione dei pazienti.

Per chi segue un percorso riabilitativo la continuità terapeutica è fondamentale, specialmente per chi – come noi – lavora ogni giorno con minori interessati da Disturbi del Neurosviluppo. Ci siamo quindi immediatamente chiesti in che modo convertire le nostre stanze di terapie in sessioni virtuali, senza rinunce in termini di qualità del servizio.

La Teleriabilitazione prima e dopo lo stato di emergenza

La prontezza nel rispondere alla situazione emergenziale assieme all’impegno di tutti gli operatori ha portato a mettere appunto una serie di buone prassi in costante aggiornamento e a prendere parte alla redazione di un Accordo sulla regolamentazione della riabilitazione a distanza, discusso nel corso della Conferenza Stato Regioni dello scorso 18 Novembre 2021 (cfr. Linee guida nazionali per la teleriabilitazione).

Siamo convinti, infatti, che la situazione attuale abbia dimostrato ampiamente quanto la telemedicina possa consentire di raggiungere in maniera capillare ogni utente e sia in grado di offrire soluzioni alternative da impiegare a integrazione delle attività in presenza.

Verosimilmente, anche quando la sfida rappresentata dal Covid-19 sarà alle nostre spalle continueremo ad avvalerci della teleriabilitazione, avendo avuto ampiamente modo di toccarne con mano gli innumerevoli vantaggi.

È per questo che il CRC ha pubblicato il “Manuale per teleterapie per pazienti affetti da disturbi del Neurosviluppo”, in collaborazione con l’Osservatorio sulla Telemedicina Operativa dell’ALTEMS, nell’ambito dell’iniziativa “Telemedicina Subito” con il supporto non condizionato di Lilly SpA.

Come affrontare una teleterapia: il manuale del CRC spiega come 

Il documento è frutto dell’esperienza sul campo delle nostre equipe multisciplinari e, credendo fortemente nel valore di un supporto disinteressato, abbiamo voluto mettere il manuale a disposizione di tutti (lo potete scaricare gratuitamente registrandovi qui). Ci auguriamo che questo strumento possa fornire delle linee-guida chiare e funzionali a colleghi e genitori, garantendo un diritto alla salute e all’assistenza alla portata di tutti.

Il manuale mira all’individuazione di un quadro di soluzioni – sia organizzative che tecnologiche – mediante l’utilizzo di strumenti di uso comune, tenendo conto delle esigenze di protezione dei dati personali. 

Si compone quindi di 4 sezioni: si passa dalla descrizione del processo clinico-organizzativo usuale per l’erogazione delle visite in presenza, alla sua trasposizione in un contesto di telemedicina. A riguardo, si è scelto di avvalersi dell’ausilio di Skype, app di facile utilizzo, nota alla maggior parte delle famiglie e operante in rispetto delle norme sulla privacy attualmente in vigore, cui è dedicata un’intera sezione di approfondimento. 

L’ultimo capitolo, invece, è destinato alla figura del paziente, alla sua tutela e alla formazione dei rispettivi tutori. A riprova dell’importanza di garantire un accesso equo e immediato, abbiamo messo a disposizione un tutorial – disponibile sempre qui – per tutte le famiglie che si affacciano al mondo della telemedicina.

Si ringraziano in particolare i nostri colleghi Michela Battisti, Manuela Calanca, Francesca Del Gado, Italo de Meis, Alessandra Silvana Giannantoni, Eleonora Pasqua, Donatella Tomaiuoli, Christian Veronesi per aver messo la loro expertise al servizio della causa e Fabrizio Massimo Ferrara, Andrea Fracasso, Sara Consilia Papavero dell’Alta scuola di economia e management sui sistemi sanitari (ALTEMS- Università Cattolica del Sacro Cuore) per il loro supporto incondizionato.

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Il CRC e SONY CSL uniscono le forze: un’interfaccia per il trattamento della dislessia

Il CRC e SONY CSL uniscono le forze: un’interfaccia per il trattamento della dislessia.

Sin dalla sua fondazione, il Centro non si è posto limiti, specializzandosi in modalità di trattamento diverse e al passo con i tempi. Negli anni, quindi, ha affiancato al tradizionale percorso terapeutico fruibile nelle stanze di terapia, attività complementari quali radio, training teatrali e impiegato strumenti tecnologici e piattaforme informatiche all’avanguardia.

Investire sulla commistione tra tradizione e tecnologia si è rivelato una scelta vincente, tanto da instaurare una proficua partnership con il Politecnico di Milano.

Oggi, il CRC ha l’onore di avere al suo fianco un’altra straordinaria realtà, stipulando una collaborazione con Sony CSL, spinoff della Sony Corporation.

SONY CSL: COS’è E COSA FA

L’organizzazione, fondata a Parigi nel 1988, nasce con l’obiettivo di lavorare in nuove aree di ricerca per la creazione di tecnologie con un impatto sociale positivo. Nata con una specificità sui computer system e le interfacce per gli utenti, col passare degli anni, ha cercato di applicare i nuovi ritrovati tecnologici in domini differenti, fino ad arrivare a coprire una vasta gamma di settori quali: energia, agricoltura, sviluppo urbano, potenziamento umano, creatività, realtà virtuale, intelligenza artificiale e interazione tra computer ed essere umani.

Sotto la direzione del dott. Vittorio Loreto, un altro ramo della Sony CSL ha visto la luce. Lo scorso autunno, infatti, a Roma, è stato inaugurato un nuovo laboratorio in cui scienza, arte e innovazione si muovono in uno spazio comune per trovare applicazioni interdisciplinari, volte a perseguire i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile individuati dall’Onu per la salvaguardia del pianeta e il benessere dei suoi abitanti.

Tra questi, quello di garantire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva, le cui disparità tra i diversi contesti sociali sono state notevolmente accentuate dalla pandemia. Dato che emerge specialmente nei casi di bambini con bisogni educativi speciali e con disabilità. 

L’importanza per i terapisti di avere a disposizione alternative fruibili anche online è stata quindi cruciale, ma non tutti e non subito sono riusciti a portare avanti percorsi di teleriabilitazione (cfr. Linee guida nazionali per la teleriabilitazione).

La collaborazione con il CRC: in cosa consiste

L’interesse di Sony CSL nel trovare nuove risposte ai bisogni educativi dei bambini con Disturbi del Linguaggio mediante l’impiego dell’intelligenza artificiale ha portato a riconoscere nel CRC un partner ideale, data la storica vocazione di quest’ultimo per la sperimentazione di applicativi con la medesima finalità. 

In particolare, questa partnership mira allo sviluppo di un software per facilitare le persone dislessiche nella comprensione del testo e dei costrutti in esso contenuti (ad esempio pronomi e forme passive) attraverso esercizi morfosintattici ed elementi audiovisivi.

Se da un lato Sony CSL metterà a disposizione la propria decennale expertise nel campo tecnologico, dall’altro il Centro – specializzato nel trattamento dei Disturbi del Neurosviluppo – definirà profili clinici e, insieme, verranno individuati punti di forza e di debolezza dello strumento, fino a valutarne l’efficacia e l’utilità per i pazienti.

L’incontro

Al fine di inaugurare l’inizio del lavoro di ricerca, Sony CSL e il CRC hanno avuto modo di visitare le rispettive sedi.

Abbiamo quindi avuto il piacere di conoscere il direttore del SONY Computer Science Lab Vittorio Loreto, che ci ha accolti nella sede di Roma, presso il Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche “Enrico Fermi”.

Il giorno seguente, il CRC ha aperto le sue porte ai colleghi Martina Galletti, Michael Anslow e Remi van Trijp, i quali hanno avuto modo di scoprire l’originale e innovativo approccio del Centro, ascoltando i nostri operatori e provando in prima persona alcuni degli strumenti più utilizzati nelle nostre stanze di terapia. 

La giornata si è aperta con la dott.ssa Lisa Scordino, la quale ha spiegato come sia possibile utilizzare visori VR per il trattamento della balbuzie. A seguire, la dott.ssa Alice Turaccio ha mostrato le potenzialità dell’intelligenza artificiale in materia di autismo, con una dimostrazione pratica che ha coinvolto l’impiego di QT robot by LuxAI. Accompagnati dalle dott.sse Maria Chiara Marini e Ludovica Granieri si è poi passati alla Magic Room, stanza multisensoriale per la stimolazione di competenze quali memoria, funzioni esecutive e abilità linguistiche.

Il viaggio nel mondo della riabilitazione dei Disturbi del Linguaggio e dell’Apprendimento è proseguito con le dott.sse Francesca Bianchi e Diletta Vedovelli, con Letssay – app per la valutazione, il gioco Moovy e la piattaforma RIDInet

Il dott. Alessandro Minutiello, invece, ha proposto un focus sulla valutazione e il trattamento delle funzioni esecutive (attenzione, memoria di lavoro, inibizione, flessibilità cognitiva e pianificazione) con l’app ASTRAS, che offre esercizi mirati sfruttando i principi di gamification. Infine, la dott.ssa Gaia Di Giamberadino ha spiegato come sia possibile migliorare le abilità grafo-motorie dei bambini in età scolare mediante l’impiego di tavolette grafiche.

Gettate le fondamenta per questa collaborazione, ci impegniamo a seguire i lavori con interesse e fiduciosa speranza, nell’attesa di poter condividerne gli aggiornamenti.

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La radio al CRC e la collaborazione con lo speaker Beppe De Marco di RDS 100% Grandi Successi

La radio è parte integrante dell’intervento riabilitativo proposto dal CRC. Ciò accade perché presso il Centro è stato ideato il programma MIDA-SP in 4 step per il trattamento della persona che balbetta. Tra le novità, vi è l’affiancamento alla terapia logopedica delle arti mediate, tra cui appunto la conduzione radiofonica.

Il Progetto radio

Nel lontano 2015, nasce così il “Progetto Radio”, un corso guidato dallo speaker radiofonico Beppe De Marco. A distanza di sette anni dal suo lancio, in occasione della Giornata Mondiale della Radio, desideriamo portarvi all’interno di questo corso e scoprire i retroscena che hanno condotto alla sua ideazione.

Ad oggi, il progetto radio consta di un appuntamento settimanale per ognuna delle tre classi in cui i pazienti sono divisi per fasce d’età – bambini, preadolescenti e adulti. La lezione ha la durata di due ore: la prima è dedicata alla ricerca redazionale dei contenuti; la seconda invece ad esercizi, talk e spot pubblicitari. L’obiettivo? La realizzazione di una diretta su Facebook interamente gestita dai ragazzi.

Beppe De Marco, la voce di RDS 100% Grandi Successi al CRC

A guidare il timone, lo speaker Beppe De Marco, voce di RDS 100% Grandi Successi. La sua passione per la radio nasce per caso ai tempi del liceo, quando un amico dj gli propone di collaborare con lui. Da allora, non ha mai abbandonato il microfono e si occupa anche di formazione presso aziende e istituti quali l’università Luiss Guido Carli e la 24ORE Business School, ma guai a chiamarlo insegnante:

“Non mi piace considerarmi un insegnante – dice – sono piuttosto un facilitatore. La formazione è uno scambio durante il quale divertirsi, perché la radio ti toglie dai guai e dalla noia.”

Tra le sue iniziative più recenti, c’è il podcast “Conosci la tua voce”, in cui esperienze quotidiane diventano l’espediente per imparare a fare un uso corretto della propria voce.

Quando la dott.ssa Donatella Tomaiuoli chiama Beppe per proporgli di partecipare al progetto, lui accetta immediatamente. Da quel momento inizia un’intensa fase di progettazione, in cui Beppe delinea le linee guida di quello che diverrà il nostro corso radio. A sopportarlo nell’impresa, il continuo confronto con i logopedisti e gli psicologi del Centro che ancora oggi costituisce parte integrante del progetto e consente di monitorare i progressi dei ragazzi.

Come si svolge una lezione tipo? 

Tutto parte dal vissuto dei ragazzi, da ciò che accade attorno a loro e dalla loro inesauribile curiosità. Beppe ci racconta, ad esempio, di quando un piccolo esperimento culinario ha portato tutti i partecipanti a dar inizio ad una ricerca sulle più famose catene di fast-food, con scoperte non da poco.

Con la radio, non si impara solo a reperire e selezionare le informazioni, ma anche a conoscere meglio il proprio corpo e il suo funzionamento, modulando la respirazione, il ritmo o il tono di voce. 

La radio, infatti, grazie all’assenza di fisicità permette di lavorare sulle proprie emozioni, che a seconda dei casi possono inficiare o promuovere la nostra capacità comunicativa. Vi siete mai chiesti attraverso quali risuonatori – dalla cassa toracica fino al naso – passa la tristezza o la gioia? Per scoprirlo è nato “il gioco delle emozioni”, durante il quale ai ragazzi viene assegnata un’emozione da riprodurre e che spetterà agli altri riconoscere.

La lezione procede ad un ritmo incalzante in cui, in un contesto ludico e spensierato, si alternano esercizi d’ogni tipo.

Per allenare la capacità di raccontare delle storie – storytelling – seguendo un percorso logico e cronologicamente ordinato, c’è poi la gara di barzellette, dove ci si assegna un voto a vicenda valutando le strategie messe in atto e la resa della battuta finale. Come ci insegna Beppe:

“L’obiettivo è usare meno parole, ma quelle giuste.”

Si passa poi ad attività più complesse come “il flusso di pensieri” in cui, sulla base di un passaggio di testimone prestabilito, i ragazzi pronunciano a turno una parola e ognuna servirà per costruire tutti insieme una storia originale.

Alla fine di questo excursus, risulta chiaro come l’obiettivo del corso – così come di ogni iniziativa e approccio terapeutico adottati al Centro – sia quello di dare valore all’unicità della persona e di favorire l’accettazione individuale e il riconoscimento reciproco.

Un ringraziamento speciale va a Beppe De Marco per il suo impegno e la sua disponibilità e per dimostrare quanto ambienti distanti – il suo, quello dello spettacolo, e il nostro, quello della riabilitazione – non solo possano coesistere ma anche arricchirsi a vicenda abbattendo il muro della diversità.

IG: @CRC_Centroricercaecura

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